Vacanze, avventure e disavventure
di istruttori, allievi e amici della "Silvio Saglio"
Non è che facciamo solo corsi e attività "istituzionali"...
Ci piace anche, e soprattutto, andare in montagna tra di noi e con i nostri amici. Non necessariamente tutti "istruttori CAI", non necessariamente allievi o ex-allievi dei nostri corsi.
E così, se vorrete curiosare tra gli album delle nostre vacanze...
Beh, vi troverete certamente tante belle foto di montagne, più o meno conosciute, insieme a tanta allegria e tanta sincera amicizia.
Una nuova via di arrampicata, la Via del Gaggia, è stata aperta tra luglio e settembre 2014 in ricordo di Luca Gaggianese (Istruttore Nazionale di Alpinismo della Scuola di alpinismo, scialpinismo, arrampicata libera e scialpinismo "Silvio Saglio" - CAI SEM - Milano), grazie all'impegno e al lavoro degli istruttori della Scuola.
Possiamo orgogliosamente affermare che si tratta della prima "apertura collettiva" di una via, da parte della Scuola "Silvio Saglio", dai tempi della sua fondazione.
La Via del Gaggia si trova in Valmalenco (sopra Sondrio), presso la diga di Campo Moro, a circa 2.200 metri di quota.
Il tracciato sale su una bella struttura di serpentino denominata "Pilastri del lago", correndo sull'estrema sinistra della parete, circa 15-20 metri a sinistra della nota via "Caprice". Ha un'esposizione nord (consigliati i mesi estivi e un clima asciutto) e offre 7 tiri piuttosto lunghi (35-50 metri), con difficoltà media di 5a e pochi passaggi tra il 5c e il 6a+.
La Via del Gaggia è attrezzata a fix da 10 mm (soste con doppia maglia rapida e cordone di giunzione) ma non in modo "sistematico": se i tratti chiave sono ottimamente protetti, quelli facili possono invece presentare una distanza che invoglia a integrare con dadi e friend.
La si può discendere in doppia (nel caso: obbligatorie due corde da 60 metri) ma è consigliata la discesa a piedi (dalla cima si scende sul versante opposto, in Val Poschiavina, e si torna poi alla base piegando verso sinistra, per prati e sentiero, in ca 35 minuti). Durante le fasi di apertura, la via è stata anche disgaggiata e ripulita.
I familiari di Luca, che hanno sempre seguito gli sviluppi del progetto, hanno presenziato alla sua inaugurazione: domenica 19 ottobre 2014 abbiamo posto una piccola targa all'attacco della via e l'abbiamo dichiarata ufficialmente "aperta".
Firmato
gli istruttori della Scuola di alpinismo, scialpinismo, arrampicata libera e sciescursionismo
"Silvio Saglio" - CAI SEM - Milano






























Il funzionamento de "Il LOTTO con l'Alpe" è semplice: alla domenica vai in montagna, ti succede quello che ti succede e al lunedì te lo giochi al lotto.
Se non vinci una fava (che è normale) sei andato comunque a farti un bel giro sul nostro sito. Se vinci un bel gruzzolo ti sei rifatto della sberla autostradale per andare in Val d'Aosta (o in Trentino).
Se invece fai 6 al superenalotto potrai anche comprare una nuova sede per la SEM che ti ripagherà con un bel busto in marmo nell'ingresso.
Il tutto con buona pace di Guido Rey che ha prestato la sua celebre massima per la benefica causa.
Ponte del 25 Aprile, si va a Parigi.
Per una volta, fanculo la scalata.
Quattro giorni a Pa-ri-gi: storia, cultura, musei, shopping.
Sono felice di fare qualcosa di diverso dal solito, anche se un tarlo sottile ma insistente lavora nella mia testa: com'è possibile che quell'arrampileso del Pisciotta abbia organizzato una vacanza di questo genere?
Mah.
Dice che andiamo con due suoi amici, appassionati di arte.
Strano pure questo. Boh, saranno amici della Bonetto.
All'appuntamento di giovedì mattina qualcosa torna e qualcosa no.
I due amici, tutto sommato, tornano.
Uno magro tutto tatuato con una luce nervosa e disperata negli occhi (lo chiamano "Granze").
L'altro, coda scarmigliata e dressing code da supergiovane, si muove con fare dinoccolato e sguardo vitreo (lo chiamano "Cappuccio", forse per via del modello di felpa che indossa).
Il primo sembra in crisi d'astinenza, l'altro appena fatto.
Sì, potrebbero proprio essere artisti... forse i miei sospetti erano mal riposti.
Ciò che invece proprio non torna sono quei tre materassi che vengono stipati nel baule: c@zzo, il Pisciotta mi aveva parlato di notti in hotel !
Dopo 10 minuti di macchina, alcune cose mi sono già ben chiare.
"Granze" è davvero in astinenza, ma da fumo: ieri ha deciso di smettere. Scopriremo con orrore che il volume di gas espirato (meglio dire espulso) dal suo corpo rimarrà costante nonostante la mancanza delle sigarette: se qualche medico ci stesse leggendo, consiglierei di abbinare dei robusti tappi in sughero alle confezioni di cerotti alla nicotina.
"Cappuccio" si riprende dal torpore (anche un supergiovane 2 ore di sonno le paga) alla vista della Cresta di Peuterey sfavillante di neve e sole, e cerca di convincere il gruppo ad abbandonare la missione originale per partire alla conquista del Monte Bianco.
Si manifesta così dopo due sole ore la sua filosofia di vita: "profilo alto, sempre".
Ah, osservazione inquietante: nessuno dei due è un artista; i sospetti riprendono quota.
Dopo alcune ore di viaggio trascorse senza nuove scoperte (si è parlato solo di faiga), le sponde della strada che percorriamo si gonfiano. Betulle, faggi e pini marittimi corrono veloci al nostro fianco, sostituendosi ai campi di erba medica e di colza che ci avevano accompagnato fino a quel momento.
Ci fermiamo in un parcheggio sul limitare della foresta ed il Pisciotta, interpretando il mio sguardo interrogativo, mi spiega: "c'è un museo molto interessante qua vicino, vale la pena visitarlo prima di ripartire".
Puzza di bruciato.
Intensa puzza di bruciato.
Quasi fuoco vivo, direi.
Mi inoltro per un breve tratto di sentiero.
C'è poca vegetazione nel sottobosco. Il terreno è un misto di sabbia ed argilla, piano e morbido.
Mi fermo un istante.
Sento il rumore leggero degli aghi di pino agitati da una brezza appena accennata.
E, ad un tratto, le vedo.
C@zzo, ma allora è vero.
C'è davvero un museo qua, il Pisciotta aveva ragione.
Sculture ovunque.
Rimango a bocca aperta, le forme modellate nell'arenaria sono stupefacenti opere d'arte.
Mi giro verso il Pisciotta, che mi guarda con aria sorniona, ed esclamo "Mica vorremo andare a Parigi, vero " ?
Arrampichiamo 3 ore, poi la pioggia ci caccia da Bas Cuvier.
L'hotel è veramente preciso; ci accoglie la receptionist dalla voce vellutata che ha animato i sogni erotici del Pisciotta (anzi del Pischiottà, come viene ribattezzato all'istante).
La mattina dopo è dedicata essenzialmente a due attività: colazione medioevale e svacco al sole nel piacevole giardino dell'hotel. Non ci muoveremo mai prima di mezzogiorno, ma così dev'essere: 4 giorni consecutivi di blocchi richiedono ritmi morbidi.
Il tempo è sempre splendido: visitiamo le distese di sabbia fine di Trois Pignons (Cul de Chien) e le più ombrose gole di Franchard (settori "Cuisiniere" e "Isatis").
La fauna è quanto mai eterogenea: tanto per fare un esempio, nello spazio di pochi metri quadrati capita di trovarsi di fianco Gabri Moroni, una funambolica comitiva di emiliani che scorrazzano per la foresta a suon di capriole e salti mortali, ed il novantaduenne Dadone (rigorosamente in tenuta da bleusard).
Le nostre punte di diamante sono il Pischiottà, partito con il profilo bassissimo ma inarrestabile una volta innescato, ed il Cap, acciaccato e cigolante ma sempre pronto a piazzare la zampata.
Anche il Granze non si tira indietro, e lotta come un leone su ogni blocco fino alla scarnificazione dei polpastrelli ed all'esplosione dei gomiti.
Il Pischiottà chiude un bellissimo blocco con uscita su pallone da calcio (così ho chiamato le lavorazioni a squame poligonali in bassorilievo che si trovano su molti sassi), applaudito da una platea illustre; Il Cap non si dà per vinto e con un colpo di coda lo stampa a sua volta, uscendo con la tecnica a granchio coricato.
Ma il vero momento clou spetta al Granze, 6 soli mesi di scalata alle spalle.
Siamo appollaiati in cima all'uscita di Ratplat, storico 7a+ su piatti con uscita insidiosa.
Un forte climber lo sta flashando ma proprio in uscita, preoccupato dall'incombenza del masso retrostante, sente l'ultimo svaso sfuggire lentamente dalle mani; a questo punto guarda il Granze e gli fa: "prendimi la mano".
Granze è incredulo ma lo afferra per un polso; contemporaneamente, dalla cima del sasso a fianco, arriva con un salto Gabri Moroni, prende il climber per l'altro braccio ed insieme lo issano.
Scena epica. Applausi.
Da ultimo, alcuni insegnamenti di vita scaturiti dalla vacanza:
- mai portare il Cap al centro commerciale: dopo le proteste iniziali abbiamo dovuto tirarlo fuori a forza);
- mai portare gli amici in vacanza con la macchina nuova: il Pischiottà ha dovuto chiudere in macchina tutta la notte un maiale affamato per eliminare i resti che gli abbiamo seminato ovunque (come ripulire poi le sconcezze del maiale è un'altra storia);
- mai più mangiare la famosa senape di Dijon (vedi foto a tema);
- se vuoi rimorchiare due tipe ma non ne sei del tutto convinto, un rutto è quello che ci vuole (by Granze);
- una frase saggia va sempre accompagnata da un grattamento di coglioni a braghe calate (by myself).
Lunedì mattina dobbiamo tornare, e optiamo per una sveglia antelucana: 8 e mezza (così scaliamo le ultime 3 orette). Granze guarda fuori dalla finestra e dice che è tutto ok.
Infatti diluvia. Eccerto, il Pischiottà pensa a tutto: pure il sole aveva prenotato.
Arrivederci, Blò. Alla prossima.
gig(g)io
Stavolta l'istrionico gruppo-vacanze della Silvio Saglio (istruttori, amici degli amici, ex-allievi diventati più bravi degli istruttori, fidanzate e aspiranti tali, etc.) si accampano nelle solari terre del brainconnaise. Una settimana di arrampicate, scalate, grigliate e tuffi in piscina, con la complicità di (in ordine sparso) Marco, Valentina, Luigi, Max (1), Manuela, Cinzia, Gigio, Federico, Luca, Mamo, John, Elisa, Guido, Giovanna, Simona, Stella, Laura, Stefania (1), Thea, Max (2), Mimma, Diana, Holger, Stefania (2), Giacomo, Francesca, Luciano, Antonella, Giovanni, Alexandra, Alessio, "Rinvio"... E probabilmente dimentichiamo qualcuno...
Sorry!


























































































Gli indomiti pseudo-alpinisti, in formazione quantomai assortita (e divertita), ancora una volta si avventurano per terre a loro sconosciute, in mezzo a guglie e piramidi calcaree ben lontane dal clamore e dall'affollamento tipico della dolomia.
Campo base presso l'accogliente Rifugio Corsi, ai piedi del massiccio dello Jof Fuart.
Intere giornate senza incontrare chicchessia. Arrampicate scandite solo da un gran silenzio e dai comandi di cordata.
Vie sconosciute, spesso irripetute da anni, se non decenni. Totale assenza di spit o resinati.
Insomma, per una settimana ci siamo sentiti come "alpinisti di una volta". E... Beh, ogni tanto ci vuole.
Protagonisti: Antonella, Grazia, Cicetta, Vale, Marco, Aaron, Luca e Max.
Menzione speciale: l'insuperabile cucina del Rif. Corsi.













































Una variegata e allegra compagine di sedicenti alpinisti affronta, con spirito libero e doveroso rispetto per la storia di quelle cime, le biancocalcaree pareti del Corno Piccolo, al Gran Sasso. Un'indimenticabile settimana di cordate, scalate e vie sempre diverse, in mezzo a placche e buchi, gagliardi canaloni di discesa, ricche cene e gare di arrosticini. Protagonisti: Manu, Grazia, Cicetta, Vale, Marco, Niccolò, Mamo e Max. Special guests: Titti, Fabrice e Nicole. Premio speciale della giuria: gli arrosticini de "Lo Spagnolo".


























































Volevamo salire la Corda Molla in giornata, fermarci a dormire in cima al Disgrazia a 3678 al bivacco Rauzi e quindi ridiscendere il giorno dopo per la lunga cresta Est fino al passo Cassandra.
Impresa riuscita a meta' poiche' causa meteo avverso ci siamo dovuti fermare per la notte all'Oggioni. Il mattino dopo pero' siamo riusciti a partire, raggiungere la cima e quindi scendere per la lunghissima, bellissima, e pochissimo frequentata... cresta Est. Insomma, un giro per "amatori" di questa splendida cima



















